Aspettando Bob Bowman

In attesa dell’incontro live del 30 giugno con Bob Bowman per la rubrica “AT THE POOL BAR”, pubblichiamo una lunga intervista tratta dalla dispensa del workshop che tenne in Italia per i tecnici del vecchio continente nel 2006 con organizzazione a cura di nuoto.it presso il Getur di Lignano Sabbiadoro (UD).

Seguirà domani la pubblicazione di alcune slide degli interventi svolti in aula, qui sotto la copertina della dispensa e di seguito l’intervista integrale.

 

 

BOWMAN sul nuoto … e su Phelps

Tratto da Swimming Technique del gennaio 2005, “Bowman on Swimming … and Phelps” di Michael Brooks .

 

Chi l’ha influenzata di più come allenatore?

Sicuramente Paul Bergen, Murray Stephens e David Marsh, a dire il vero tutti gli allenatori con cui ho collaborato mi hanno insegnato qualcosa.

Cosa ha imparato da loro?

Da Paul e Murray ho imparato che la tecnica è la cosa più importante. Questo non vuol dire che non bisogna allenare i nostri nuotatori, ma senza la tecnica il loro allenamento diventa inutile. David mi ha insegnato come trasformare un gruppo di persone in una squadra motivata e orientata verso un obbiettivo. Tutti e tre sono grandi allenatori di nuoto, ma lui più degli altri è un libero pensatore, più intuitivo, mentre Paul e Murray hanno un approccio più strutturato, specialmente Paul. Io tendo ad essere piuttosto organizzato nelle cose che faccio, ma David mi ha insegnato che bisogna capire lo stato d’animo dei ragazzi giorno per giorno per poterli allenare al meglio.

Quanto è cambiato rispetto a quattro anni fa? Otto anni fa?

Ora ho una prospettiva molto più realistica di cosa ci vuole per per avere successo e raggiungere il massimo nello sport, di ciò che è importante e ciò che non lo è.

Quali sono le idee che ha cambiato negli anni?

Che i fattori determinanti per lo sport di alto livello possono non avere a che fare con l’allenamento: gli aspetti mentali e le emozioni alle volte sono più importanti del programma di allenamento. Otto anni fa avrei detto che con il giusto spazio acqua e la serie giusta avrei potuto raggiungere qualsiasi obiettivo.

Crede che questo sia diffuso tra gli allenatori più giovani … cioè credere che sia sufficiente proporre qualche serie magica di un allenatore esperto per far diventare campioni i propri atleti?

Si, credo che questo sia molto comune: pensano che per fare la differenza ci voglia la serie giusta o l’esercizio giusto, o l’attrezzo giusto. Comunque, prima devono avere l’atleta giusto … questo aiuta molto.

Ha fatto parte di varie squadre nazionali durante gli ultimi anni ed ha potuto osservare da vicino i migliori atleti del mondo. Quali sono i fattori che distinguono migliori da quelli che sono vicini ad esserlo?

Quelli che sono all’apice sono quelli che curano i dettagli, le piccole cose che servono per realizzare ottime prestazioni durante un evento lungo e stressante come i Giochi Olimpici.

E’ da quando aveva 11 o 12 anni che Michael impara ad avere cura di sé, come prepararsi fisicamente e mentalmente per ogni evento, come gareggiare, come riscaldarsi, quando bere la sua bibita energetica, quando e come riposare per recuperare al meglio, come andare a dormire presto ed evitare alcune delle distrazioni tipiche di ragazzi della sua età, come sopportare i test antidoping, ecc … Ogni parte della sua vita è orientata per farlo nuotare veloce. Si è “allenato” a viaggiare e a mantenere la condizione anche con i fusi orari. Non ha aspettato fino ai Giochi Olimpici o i Trias per imparare queste cose, è da quando aveva 12 anni che sta imparando tutto questo.

Ormai è talmente abituato  a farlo che la sua routine è diventata subconscia, in tale modo può concentrarsi sulle gare e su come vorrebbe nuotarle, invece di preoccuparsi costantemente su cosa ha fatto e cosa no, se si è dimenticato questo o quello. Ora arriva in un certo posto ed è libero di concentrarsi esclusivamente sulla prestazione.

Cosa ha fatto Michael per cambiare il nostro modo di pensare a una gara dei misti ad alto livello?

Soprattutto, ha dato velocità a questa gara. E’ questo è un miglioramento che è riuscito a fare negli ultimi quattro anni. Ora è molto più veloce. I primi 200 metri dei 400 misti sono devastanti. Fa 55″ a farfalla in maniera piuttosto facile, sono in pochi a poterlo fare controllando. Ecco, credo sia questo che distingue Michael dai vari Dave Wharton e Tom Dolan. Grandissimi nuotatori e fisicamente dotati; Michael ha fisico e velocità.

Sembrava ci fosse la tendenza negli ultimi vent’anni di specializzarsi in una, due gare. Michael però ha stravolto questa tendenza. Secondo Lei, anche altri seguiranno questo esempio allargando il loro programma di gare?

Sfortunatamente, no. E’ troppo difficile, dato il livello di competizione così alto in tutto il mondo. Ogni volta che gli atleti salgono sul blocco di partenza nuotano contro degli specialisti. Ci vuole troppo allenamento specifico in certi periodi chiave della stagione per riuscirci. Ma spero che l’esempio dato da Kaitlin (Sandeno) e Michael possa stimolare allenatori ed atleti ad allenarsi per varie gare.

Secondo Lei, ci sono altri bambini in giro come Michael Phelps, vale a dire con un talento ancora da scoprire e sviluppare? Se così fosse, perché non si riescono a vedere; quali sono gli errori in questi casi?

Si, ce ne sono. Non so perché non si riescono a vedere. Il problema è che poi si dedicano ad altri sport. Michael era fortemente legato al nuoto grazie alla sua famiglia. Siamo riusciti a passare l’entusiasmo per il nuoto a Michael quando era ancora molto giovane perché le sue sorelle nuotavano già ad alto livello; lui nuotava per la NBAC dove il livello prestativo è piuttosto alto. Credo che queste siano alcune delle ragioni che hanno portato Michael a rimanere nel nuoto e non a diventare un grande giocatore di calcio o lacrosse, cosa che avrebbe potuto facilmente fare. Forse Michael potrà aiutare i bambini talentuosi a rimanere nel nuoto attraverso quello che fa lui, attraverso di lui i più giovani possono vedere cosa è possibile raggiungere.

A livello tecnico, su cosa sta lavorando attualmente con Michael?

Le virate. L’approccio e la spinta sono due aspetti molto importanti per lui. Ai Trials, Aaron Peirsol toccava il muro prima di lui, ma dopo la virata Michael e Aaron erano praticamente pari. Stiamo lavorando anche su qualche cambiamento nella bracciata. Deve migliorare molto la bracciata a rana.

A cosa deve Michael la sua capacità di recuperare e, dunque, la sua capacità di nuotare gare molto impegnative a competizioni importanti?

Grazie alle buone abitudini che Michael ha da quando era bambino. Ha sempre capito l’importanza di dormire bene. Ha seguito le linee guida che gli abbiamo dato per l’alimentazione, per l’idratazione durante l’allenamento, per i massaggi e la fisioterapia, per la sauna e la vasca idromassaggio. Lui ha sempre messo in pratica i nostri consigli, ecco da dove arriva la sua capacità di recupero.

Com è cambiata la nuotata di Michael man mano che è cresciuto, non solo i piccoli dettagli su cui avete lavorato, ma anche come è cambiato lui mentre è diventato più grande e più forte?

Il cambiamento più importante è stato nella fase subacquea e la capacità di sfruttarla molto bene. La sua distanza per bracciata è migliorata mantenendo stabile la frequenza. Ha sempre avuto una frequenza di bracciata molto buona.

Com’è stata personalizzata la nuotata di Michael alle sue caratteristiche fisiche ?

Credo che la farfalla di Michael è così efficace perché riesce a stare molto alto nell’acqua senza grande dispendio di energia, in parte questa qualità è attribuibile alle caratteristiche del suo fisico, il tronco lungo con il busto largo, ma con fianchi stretti. Inoltre, non ha una muscolatura grossa e pesante, e così riesce a fare bracciate ampie e fluide con una frequenza elevata. Ma ha anche la capacità di accelerare e cambiare il ritmo della nuotata. E’ alto, magro e stretto, ma allo stesso tempo è anche forte. Per chilo di peso corporeo è molto forte, e fisicamente è adatto a qualsiasi stile … tranne la rana. Michael ha una rana “fai-da-te” invece di una rana “fatta da Dio”, come mi ha detto una volta Jon Urbanchek. Ed è la pura verità.

Cosa gli manca?

La gambata. Non riesce a ruotare i piedi nell’angolatura giusta e non ha sufficiente mobilità della caviglia, del ginocchio e dell’anca.

Quali sono le caratteristiche vincenti delle nuotate di Michael?

Nella nuotata a delfino la gambata è continua durante tutta la gara, è l’unica persona che riesce a farlo per 200 metri. La sua gambata negli ultimi 50 metri è devastante. Nel dorso probabilmente le gambe e poi credo riesca a eseguire una bracciata più ampia di molti altri, può nuotare a velocità molto alte con frequenze di bracciata molto basse, credo sia questo il motivo per cui è così bravo a dorso. Nella rana ha la capacità di usare l’azione del corpo meglio di altri, questo è molto importante perché non ha una buona gambata, anzi per niente, e non è molto abile neanche nella fase di trazione delle braccia. Nello stile libero la gambata e la capacità di usare le fasi subacquee sono le caratteristiche migliori.

Secondo Lei, quali sono le maggiori possibilità di miglioramento per ogni stile?

Nel delfino ha bisogno di tornare ad un programma di allenamento vecchio stile per costruire la base di un 200, credo che i 200 sia la gara dove può migliorare di più in questa specialità.

Nel dorso ha bisogno di costruire una migliore rapporto fra  frequenza ed ampiezza, deve imparare e gestire meglio l’accelerazione invece di variare troppo la frequenza e deve imparare a farlo con maggiore controllo.

Nella rana come dicevo deve migliorare la trazione e il modo in cui le braccia recuperano e svolgono la fase iniziale della bracciata; in questo senso, è molto inefficiente.

Nello stile libero ha bisogno di più equilibrio, deve migliore la posizione del gomito sott’acqua, specialmente il suo braccio destro perché tende a perdere l’acqua.

Quali sono le caratteristiche che distinguevano Michael dagli altri della sua età?

Lo spirito agonistico … un fortissimo spirito agonistico. Era senza dubbio il bambino più competitivo di tutti, voleva vincere tutto.

E ora cosa lo separa dagli altri?

Ancora lo spirito agonistico, l’attenzione che pone ai dettagli e la capacità di rilassarsi quando è sotto pressione, più è sotto pressione, meglio diventa.

E da molto tempo che Michael ha lo stesso allenatore. Quanto è importante questo? 

Non so quanto possa essere importante. Credo che molti avrebbero potuto allenare Michael e aiutarlo a migliorare. Io sono riuscito a conoscerlo molto bene, ho imparato a capire cosa funziona e cosa invece non funziona con lui in allenamento ed ho capito come stimolarlo. Credo che questo sia molto importante. Penso che tutto ciò sia particolarmente utile per la tipologia di nuotatore che è Michael, uno che da sempre il massimo in termini di prestazioni, ha bisogno di qualcuno che capisca ogni aspetto della sua personalità, tende ad avere delle esigenze specifiche, vuole sempre dare il massimo per esprimere il suo enorme potenziale, non che altri non abbiano esigenze specifiche, ma credo che il nostro rapporto a lungo termine lo abbia aiutato a soddisfare tutte queste esigenze.

Con un occhio al passato, quali sono state le sue mosse più azzeccate nei momenti critici dello sviluppo di Michael, quando il treno poteva facilmente deragliare?

Gli ho insegnato la coordinazione della gambata a sei colpi per ciclo di bracciata nello stile libero. Per essere più preciso, l’ho costretto ad usare questa coordinazione. Era assolutamente necessario. Ho scelto di usare i suoi 11 e 12 anni per lavorare sulla nuotata più che sulla velocità in acqua. E’ migliorato durante quegli anni, ma non alla velocità che ci si poteva aspettare da uno con il suo talento. Non l’ho mai costretto a sopportare un carico di lavoro che non avrebbe potuto tollerare, ho aumentato il carico di lavoro solo quando ho capito che mentalmente e fisicamente era pronto per sopportarlo.

E quali invece le scelte migliori degli ultimi anni?

La mossa più azzeccate è stata assumere Peter Carlisle come suo agente. Sua madre e io ci siamo incontrati con i nostri consulenti e abbiamo creato un team attorno a lui che gli ha consentito di continuare a migliorare in piscina continuando a promuovere il nuoto e a mettere al sicuro il suo futuro. Credo che questa sia stata la mossa migliore che abbiamo mai fatto.

Quali sono le chiavi per sviluppare dei super talenti?

Sicuramente la programmazione a lungo termine. Avere il vero senso degli obiettivi e come si vuole raggiungerli. Non credo che si possa procedere stagione per stagione e sperare che tutto possa andare bene. Bisogna avere un programma chiaro.

Secondo, bisogna rendersi conto che le loro esigenze saranno diverse per alcuni aspetti, ma la cosa fondamentale che potete fare per aiutarli e fargli capire che fanno parte del vostro team e che non sono speciali. Certo, nuotano più velocemente degli altri, ma sono sempre parte di una squadra. Credo che questo sia fondamentale. Infine, credo sia molto utile creare un equipe di persone attorno a loro, ognuno responsabile di un aspetto. Per esempio, abbiamo varie persone che sono responsabili per la fisioterapia, questioni mediche, questioni economiche, programmazione e questioni che riguardano la loro vita a casa. Io rivesto il ruolo di suo responsabile tecnico e coordino le persone della sua equipe. Credo che sia importante per un allenatore che ha un rapporto con atleti di questo livello creare attorno a sé un gruppo di  persone competenti. Non potete fare tutto da soli.

Per quanto riguarda la programmazione a lungo termine, mi può dare uno o due esempi di cosa intende?

Bisogna iniziare a guardare il talento che avete per le mani. Non si sa mai di certo cosa potrà succedere, ci sono allenatori che lavorano con ragazzine di 12 anni che pensano, “Questa ragazza potrebbe essere pronta per i Giochi del 2008, e dovremmo iniziare ora a fare le mosse giuste per vedere se questo può succedere”. Questo è la nostra mentalità alla North Baltimore. Prima si guarda in fondo alla strada e poi si comincia a lavorare all’indietro. Si può anche iniziare dando uno sguardo ai primati mondiali. Se abbiamo un’atleta che pensiamo possa essere capace di nuotare un miglio in 14:30, e ha solo 13 anni, cosa possiamo fare già da adesso per aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi? Oggi non riesce a fare quel tempo, ma dove possiamo iniziare, la risposta probabilmente è con la tecnica della bracciata.

Poi si passa a come gestire il suo programma di allenamento, quando comincerà a fare i doppi allenamenti, con quale frequenza e quanto volume, quali sono le aspettative di intensità rispetto al volume del lavoro. Poi cominciamo a vedere come riesce a gestire le competizioni, come si comporta mentalmente, come possiamo aiutarlo ad imparare ad essere un agonista di alto livello.

Io procederei così. Non c’è bisogno di avere tutto per iscritto, anche se alcuni prefereriscono farlo, ma consiglio un programma abbastanza dettagliato per l’anno. Più lavorate nel presente più dovrete essere precisi.

Bisogna solo guardare ad una possibile destinazione in fondo alla strada e poi lavorare all’indietro per capire come raggiungerla.

Nota degli errori comuni commessi da allenatori di ragazzi di talento?

L’errore più comune è farli nuotare troppo e con troppo impegno quando sono giovani. Qualsiasi allenatore, specialmente quello più giovane e ambizioso, vuole fare nuotare velocemente i suoi atleti. E questo si può fare se si “bastonano”. Quando ero più giovane avevo un piccolo gruppo “elite” che faceva dai sei a sette mila metri al giorno, abbastanza impegnativo, ed avevo un paio di ragazzi di 10 anni in quel gruppo, ecco oggi non lo farei più.

Puoi schematizzare il piano ideale di allenamento di Bob Bowman per lo sviluppo del giovane talento?

Un piano ideale è chiaramente soggetto a molteplici variazioni a seconda dell’atleta che ti trovi ad allenare, tuttavia ti posso indicare alcune linee guida generali.

Con atleti che hanno 10 anni o meno sono solito proporre lavoro incentrato sulla tecnica di nuotata, oltre a questo assegno loro delle serie abbastanza lunghe per poter stimolare il meccanismo aerobico. I bambini si dimostrano già pronti e vogliosi di nuotare, inoltre i loro organismi sono predisposti al fine di raggiungere un buon adattamento in ambito aerobico.

Prova ad osservare i bambini al campo giochi, non corrono per 15 secondi e poi si fermano, altri 15 secondi e poi si fermano: sono in grado di continuare a muoversi per ore e ore con brevi intervalli. I bambini possono essere considerati come delle “spugne aerobiche”, tuttavia il nostro obbiettivo è quello di costruire delle abilità natatorie, l’acquaticità, e soprattutto una buona gambata. Bisogna far nuotare serie di gambe spesso, intensamente e velocemente.

Se ci spostiamo invece sui bambini di 11-12 anni diventa fondamentale la costruzione di un adeguato volume di allenamento, soprattutto con le ragazze, sebbene non bisogna mai tralasciare il lavoro dedicato alla velocità, che deve essere breve, occasionale, ma sempre di qualità. A questa età i maschi spesso si trovano ancora sul precedente stadio di sviluppo, pertanto è raccomandabile allenarli come le bambine di 10 anni o più piccole. Se avessi un gruppo competitivo di bambine di 11-12 anni con un solido background di allenamento incentrato sulla tecnica e sulla resistenza, probabilmente inizierei a “spingerle”, ovvero a costruire le basi della prestazione, specialmente per quanto riguarda l’aspetto della resistenza.

In questa fase può iniziare il processo di costruzione con l’aumento dei volumi cardiaci e polmonari e del potenziale di massimo consumo di ossigeno. Gli atleti potranno sfruttare pienamente questi benefici in una fase più tardiva della loro carriera, tuttavia il processo di costruzione deve essere effettuato prima della pubertà. Devi assolutamente riuscire a sfruttare quel “periodo finestra”. Se sei riuscito a farlo, una volta che i tuoi atleti hanno superato la pubertà, puoi far fare loro velocità o qualsiasi altra cosa hai in mente, puoi farli nuotare fino a 35 anni, tuttavia devono trovarsi ad avere una base sulla quale poter lavorare.

Quindi tu pensi che l’età degli 11-12 anni sia per una ragazzina il periodo fondamentale per poter determinare che genere di atleta diventerà in futuro?

Credo che si tratti di un periodo fondamentale, con tutta probabilità nel periodo che va dagli 11 ai 13 anni.

E per i ragazzini?

Credo che l’età compresa tra i 14 e 15 anni sia fondamentale. La parola chiave è la stessa: resistenza! Credo che la più grande differenza tra i ragazzi e le ragazze a quell’età è che queste ultime tendono ad essere maggiormente ricettive nei confronti di un programma di allenamento evoluto. Puoi ottenere molto in termini di devozione all’allenamento dallo stato psicologico e fisiologico che le ragazze attraversano in quella fase. Le nuotatrici desiderano soddisfare il loro allenatore e sono orientate al raggiungimento degli obbiettivi. Invece i ragazzi tra i 13 e 15 anni sono soggetti a molte più variabili. Certo, anche con loro desideri che l’allenamento sia fatto bene, ma potresti trovarti nella situazione che sia fatto in maniera diversa, o che tu stesso decida di proporlo diversamente, per renderlo più divertente e orientato alla sfida, al confronto con i compagni.

I maschi devono sentirsi attratti dal fatto che stiano acquisendo una serie di nuova abilità, o sentire che stanno imparando qualcosa di nuovo, confrontandosi gli uni con gli altri per mettersi continuamente alla prova, mentre le ragazze sono più orientate a dimostrare che ci mettono il massimo del loro impegno e che sono molto più mature. Quando si trovano nel periodo tra i 13 e 14 anni le ragazze possono iniziare i primi allenamenti di sviluppo della forza, inoltre possono iniziare a lavorare intensamente e il loro volume di allenamento può avvicinarsi ai valori massimali, a circa 15 o 16 anni le ragazze possono essere orientate alle prove dove la prestazione dipende maggiormente dal metabolismo aerobico perchè hanno ormai raggiunto il massimo volume di allenamento, mentre le velociste possono permettersi di aspettare ancora un poco.

Verso i 15 e 16 anni?

Con le donne puoi ormai continuare su quella strada, anche se nello stesso periodo c’è la concomitanza con il processo della pubertà e devi prestare moltissima attenzione ai loro cambiamenti fisici. Per fortuna puoi sviluppare in parallelo un programma di allenamento a secco che tende a ridurre gli effetti negativi della pubertà. Questo è ovviamente il periodo ideale per un programma di sviluppo della forza.

E i ragazzi verso i 15-16 anni?

Si trovano un passo indietro rispetto alle donne. Devi continuare con il tuo programma, ma prestando attenzione a non bruciare le tappe del percorso. Iniziano ad essere abbastanza seri, interessati e responsabili a quell’età, ragione per cui puoi cominciare a orientali verso il nuoto  assoluto e verso quelli che possono essere i loro obbiettivi individuali. Tuttavia devi sempre ricordarti che a quell’età gli uomini non possono competere con gli atleti di 20 anni, mentre le donne di 15-16 anni talvolta tendono ad esprimersi su livelli anche superiori rispetto ad atlete di 20 anni. Il processo evolutivo degli uomini è senza dubbio più lungo, occorre preservare per il futuro il lavoro specifico di sviluppo della forza.

Nell’ultimo periodo girava la voce che tu fossi un allenatore che concedeva poco recupero anche quando gli allenamenti erano incentrati sulla qualità. È vero?

Si, molto, in particolare quando dobbiamo affrontare una competizione importante in vasca corta. Anzi, inizio a considerare questo aspetto anche quando dobbiamo affrontare gli impegni in vasca lunga. Se prendiamo ad esempio lo scarico di Michael per i Trials e le Olimpiadi, l’ho fatto riposare come se dovesse affrontare un programma normale invece del tour de force di 17 gare in 7 giorni. In pratica ho utilizzato il medesimo scarico sia che dovesse competere in 4 gare sia che dovesse competere in 17. Dalla scorsa estate ho imparato moltissime cose. Quando gareggiammo a Barcellona, per i mondiali del 2003, effettuammo uno scarico completo, poi affrontammo le due settimane tra i mondiali e i campionati nazionali nuotando circa 4.000 metri al giorno, Michael nuotò ancora un record mondiale e due record nazionali, pertanto non accusò un grosso calo di forma, nonostante il drastico calo del volume di allenamento. Ecco perché per i Trials il suo volume di allenamento è rimasto su livelli abituali fino a 10 giorni dall’inizio delle competizioni e poi abbiamo iniziato a ridurlo successivamente. Anzi, forse avrei dovuto farlo nuotare più intensamente perché sentivo che doveva rimanere psicologicamente in contatto con la sensazione di “fatica-lavoro”.

In che maniera riduci il volume quando si nuotano 65 chilometri a settimana?

Di solito lo riduco drasticamente la settimana prima della competizione. Non importa quello che poi fanno durante la competizione, hanno comunque bisogno di riposo. Michael la settimana prima della gara nuota anche meno in relazione agli allenamenti che poi effettua durante il meeting. Il fatto è che ha costruito una capacità aerobica attraverso dieci anni di allenamenti e anche se riduce il volume per qualche giorno perde poco o nulla. Credo che se devi ridurre qualcosa, devi ridurre il volume se vuoi pensare di preservare la qualità della prestazione durante il meeting. Nelle tre settimane prima della competizione devi essere assolutamente sicuro che stiano recuperando e supercompensando. Questo non significa che tu debba ridurre drasticamente il volume, ma solo il tanto che basta per permetter loro di nuotare velocemente, di acquisire gli adattamenti neuro muscolari e la sicurezza mentale che li predisponga al pensiero che a breve nuoteranno tempi veloci. Devi riuscire a modulare il volume nella maniera più appropriata per garantire che possano nuotare le andature che vuoi rispettando però la tecnica di nuotata della gara.

Un ultima cosa. Ci sono alcune atlete che hanno nuotato delle prestazioni che ancora oggi, a distanza di 25 anni, risulterebbero competitive. Cosa ne pensa e che insegnamento possiamo trarne?

Buona domanda. Prima di tutto penso che le atlete di oggi dovrebbero porsi obbiettivi più ambiziosi. Inoltre non sono molto sicuro che le ragazze di oggi posseggano lo stesso background di allenamento che possedeva le atlete di allora. Credo che ci sia assoluto bisogno di qualcuno che tracci la via. Prendiamo ad esempio l’esplosione di Larsen Jensen ad Atene. Ti posso assicurare che tempo due anni possiamo avere quattro cinque atleti in grado di nuotare il miglio sotto i 15 minuti e spero vivamente di poterne allenare un paio personalmente ( loro sanno che è possibile).

Ho visto Larsen Jensen che si allenava con la nazionale durante il ritiro olimpico e nuotava cose stupefacenti, eppure aveva due gambe e due braccia come tutte le persone. Ci sono moltissimi atleti che hanno la stessa abilità. E’ un po’ come quando Michael ha nuotato 1:58 nei 200 misti, prima di lui solo Jani Sievinen lo aveva fatto. Ora altre tre persone hanno nuotato 1:58 e tutte nell’ultimo anno. Ora che ha nuotato 1:55 altre lo seguiranno.

Sara Curtis: "Sorridere è una buona medicina. Mi fido di Thomas, ma soprattutto lui si fida di me."

Sara Curtis: “Sorridere è una buona medi...

Il sorriso è il suo biglietto da visita. Per Sara Curtis si tratta di una stagione che sta evolvendo in ...

NEWSLETTER

Lasciaci i tuoi contatti e rimani aggiornato sulle nostre iniziative