I 200 del nuovo millennio

Ha ragione Gianfranco Saini. Punto. C’è poco altro da dire. Debbo dire che anch’io mi ero fatto trascinare più dalle sensazioni che dai numeri. Spero, nelle prossime righe, di riuscire a spiegarmi e di riuscire a spiegare da dove discenda la “sensazione” di Ian Thorpe.

Innanzitutto i numeri, quelli che non lasciano scampo:

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In generale, la distribuzione percentuale per 50 è grossomodo la seguente: 23 alto il 1° 50; 25,5 gli altri 3 50. Su base 100 la suddivisione è 49 basso/50 alto.

Pochi, pochissimi, anche tra i più veloci, hanno azzardato passaggi under 23%. Pieter van den Hoogenband, medaglia olimpica nei 50 a Sydney 2000, non lo ha fatto. Ci hanno provato Andrej Kapralov, Ryk Neethling e Chad Le Clos, non riuscendo poi a mantenere la velocità (Se lo avessero fatto, non sarebbe stato un under 23%).

Infine, avere una frazione da 26% pare non essere una buona cosa, specialmente nell’ultimo 50. Fa eccezione il solo Yannick Agnel nel 2013, peraltro senza avversari.

Le migliori gare (in grassetto giallo) ci dicono che il passaggio ai 50 più equilibrato è magicamente legato alla percentuale di 23,8. Michael Phelps, inaspettatamente, è un po’ più veloce, sia ai 50 che nella suddivisione percentuale su base 100. Rimane infatti costantemente sotto il 49%. Sotto il 48% invece è decisamente azzardato (“scuola Le Clos”). Il 48% basso ha premiato van den Hoogenband e James Guy, il primo per ragioni puramente tattiche che vedremo successivamente.

Non c’è molto altro da osservare. La condotta è sempre molto simile. Una gaussiana dei valori assomiglierebbe moltissimo a una cuspide con valori estremamente concentrati. Questo fa pensare che la tattica sia quella. Sinceramente, mi sarei atteso maggiore “varietà”. Ma, come ho premesso, i numeri non lasciano scampo.

Veniamo a Thorpe e alle sue impressioni. Ian non è Phelps, non è una macchina con un cronometro in testa, è intuito e sensazione. È, mio personalissimo parere, il talento più puro che abbia mai solcato le acque di una vasca clorata. Ma non è mai stato razionale, nell’affrontare le gare ma anche il loro peso a contorno. La sua carriera, il suo modo di ritirarsi e di riprovarci sono lì a mostrarcelo. Il suo sfogo potrebbe essere spiegato guardando i numeri. In particolare, possiamo concentrarci sulle prime due righe e sulla quarta e quinta colonna della tabella.

Le prime due righe ci raccontano della Sconfitta mai digerita, quella subita a Sidney da quel genio di Pieter van den Hoogenband, che lo ha trascinato a un ritmo gara per lui inusuale, mandandolo fuori giri. Quella gara lo ha segnato. È stata l’unica occasione in cui non solo ha “perso” una gara individuale, ma non l’ha neppure governata. Da quel giorno ha iniziato una lunga rincorsa alla qualità dei 100, culminata con il bronzo di Atene 2004, il cui obiettivo – secondo me – è sempre stato propedeutico al controllo dell’olandese. Quel ritmo gara è proprio quello che descrive nell’intervista, quello “a morire” nell’ultimo 50, quello che lui, per indole, non è mai riuscito ad attuare. Da notare, infine, che la distribuzione del suo 1.44,06 di Fukuoka non è propriamente ottimale. L’ultimo 50 occupa percentualmente meno del 25% del totale cronometrico. Questo ci dice che, con una distribuzione più equilibrata, sarebbe potuto arrivare a 1.43,6-1.43,7.

Le colonne 4 e 5 conducono ancora alla sfera delle sensazioni. Abbiamo già visto in fase di analisi che le distribuzioni di gara su base 50 non si sono rivoluzionate nel corso degli ultimi 20 anni. La differenza tra i primi 10 anni del millennio e i secondi 10 sta tutta nella concentrazione dei risultati. Ai tempi di Thorpe e Phelps si arrivava a un differenziale di oltre il 3% tra 1° e 5° posto (quasi 4% proprio nel 2001). Dal 2015 in poi questo differenziale è crollato sotto l’1%. Sono arrivati in tanti a 1.44-1.45 ma nessuno è più in grado di avvicinare almeno l’1.43 basso. Quindi, a sensazione, le gare sono divenute tattiche. Da 5 anni tutti sono in attesa dell’ultimo 50 di Sun Yang (un 50 “normale”, i numeri non mentono). E lo dice l’unico in grado di nuotare l’ultimo 50 sotto il 25% del tempo totale! La contraddizione è evidente. Tutti, in realtà, distribuiscono la gara in percentuali ben precise. Ciò che è cambiato non è la distribuzione ma la platea dei potenziali protagonisti candidati alla vittoria.

Ph. ©G.Scala/Deepbluemedia

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