Usciremo da questo buio?

Secondo una ricerca dell’Università di Roma La Sapienza, con le Università di Trento, Bologna e la Pontificia Salesiana, coordinata dal professor Guido Alessandri, e pubblicata sulla rivista Frontiers in Psychology, si è voluto evidenziare quanto siano stati preoccupanti da punto di vista psicologico e comportamentale gli atteggiamenti agìti dalla maggior parte delle persone, indipendentemente dall’età, sul rispetto delle regole generate dall’espandersi della pandemia riguardo al mantenere il distanziamento sociale ed all’adottare le precauzioni imposte dal Governo su richiesta del Comitato Tecnico Scientifico. Quindi abbiamo visto che in molti hanno trasgredito le regole o le hanno adottate parzialmente, se non aggirate, in nome di motivazioni di volta in volta convenienti e contingenti.

Molte ricerche in ambito psicologico, infatti, negli anni hanno infatti da tempo dimostrato quanto sia difficile per le persone conformarsi alle regole, soprattutto quando queste vengono imposte dall’esterno e si basano su principi morali non sempre facili da comprendere o boicottati dalla moltitudine di fake news che si incontrano su Internet. Si è notato in questa ricerca che un ruolo fondamentale è stato creato dalle disposizioni di base delle persone, ossia si è visto che i tratti di personalità possono determinare le scelte comportamentali andando a influenzare la tendenza degli individui stessi a disimpegnarsi moralmente, ovvero ad ignorare per propria convenienza la dimensione etica del comportamento e a trasgredire le regole imposte senza mostrare alcun disagio, vergogna o rimorso, arrivando addirittura a trovare una piena giustificazione per le proprie azioni. Questo modo di essere e di fare ha fatto sì che ci siano state più frequentemente in questi casi violazioni delle regole di isolamento domiciliare o di distanziamento sociale. Una delle giustificazioni “inconsce”, o consce in alcuni casi, sono state quelle che ci si affidava, o affida, ad una percezione di fiducia sociale generalizzata. Quella percezione che intravede negli altri che stanno intorno a coloro che si stanno impegnando per rispettare le regole imposte, e quindi poter pensare che ci si possa disimpegnare in maniera attiva e morale sul non rispetto delle regole.

Questi comportamenti hanno fatto e fanno sì che le limitazioni e le chiusure continuino fino a tempo indeterminato bloccando le attività lavorative ma essenzialmente quelle attività di socializzazione in particolare per i giovani che risultano essere fondamentali per la loro crescita. Oggi si osservano sempre di più comportamenti dovuti allo stress da pandemia legati alle incertezze nei genitori, insegnanti esauriti, amici che non si possono più incontrare se non a determinate condizioni, attività motoria inesistente e tutto questo lascia un segno. Sono aumentati, così come già evidenziato in un altro mio articolo, tentativi di autolesionismo ed anche di suicidio, atteggiamenti di comportamenti dettati da alcuni social. Ad esempio al Centro ospedaliero universitario vodese (CHUV) di Losanna presso il Servizio di psichiatria del bambino e dell’adolescente, uno dei più famosi in Europa, si è osservato un aumento del 50% delle domande di ricovero per i seguenti motivi legati all’ansia, ai disturbi dell’umore o a tendenze suicide nel corso dell’estate 2020 rispetto allo stesso periodo dell’anno prima, così come dichiarato dalla responsabile Kerstin von Plessen. Lo stesso fenomeno è stato osservato anche in altre strutture a livello mondiale, in Italia presso il Bambin Gesù di Roma e il Gaslini di Genova. Altre conseguenze osservate sono legate all’ansia, a comportamenti aggressivi o ad un ritiro dall’ambiente sociale.

La chiusura degli impianti sportivi e delle scuole per una gestione purtroppo molto poco attenta agli aspetti psicologici e del benessere, ancora oggi la Commissione Tecnico Scientifica vede al suo interno medici, immunologi, statistici, matematici, ma continua a mancare quella figura dello psicologo o dello psichiatra che potrebbe dare anche altri suggerimenti nella conduzione della crisi pandemica, ha di fatto creato totale mancanza di benessere per la perdita di un ambiente favorevole allo sviluppo di molti giovani. Infatti, e mi ripeto, c’è molta attenzione per le questioni infettive e ci si continua a dimenticare delle conseguenze psicologiche di questa pandemia, le quali potrebbero essere più grave nei giovani che negli adulti.

Ma come possiamo ottimizzare questo periodo di isolamento forzato?

Proviamo ad imparare a gestire le nostre emozioni e a quindi a capire quali sono i nostri punti di forza e debolezza, per trasformarli in risorsa ed energia per il nostro benessere fisico e psicologico.

  1. È essenziale che i genitori adattino le regole alla situazione attuale, ponendo dei limiti e delle regole che siano condivise con i propri figli.
  2. Il tempo trascorso in rete deve essere consapevole e responsabile, deve produrre stimoli e riflessioni sane.
  3. Fondamentale è il dialogo aperto tra genitori e figli per dare spazio all’esternazione delle proprie emozioni, sfruttando al meglio il tempo passato in quarantena per una convivenza serena.
  4. Trasformare la noia in una risorsa, ponendola come occasione di immaginazione, creatività e fantasia; la noia non è uno stato necessariamente negativo, anzi è proprio da lì che nascono le idee nuove.
  5. Per ultimo, ma non meno importante, è il mantenere una routine quotidiana che rappresenta una situazione rassicurante non solo per gli adolescenti ma per gli stessi genitori.

Riferimenti bibliografici:

Moral Disengagement and Generalized Social Trust as Mediators and Moderators of Rule Respecting Behaviors During COVID-19 Outbreak – Alessandri, G., Filosa, L., Tisak, M. S., Crocetti, E., Crea, G., & Avanzi, L. – Frontiers in Psychology (2020) doi: 10.3389/fpsyg.2020.02102

Guessoum, S. B., Lachal, J., Radjack, R., Carretier, E., Minassian, S., Benoit, L., & Moro, M. R. (2020). Adolescent psychiatric disorders during the COVID-19 pandemic and lockdown. Psychiatry research, 113264.

Foto@Andrea Piacquadio @Pexels

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