Eccellente o esigente: parole che aprono possibilità

Anche nello sport, ci sono momenti in cui il “COME” sovrasta indiscutibilmente il “COSA” e la comunicazione allenatore-atleta e’ certamente uno di quelli.

Quando l’atleta è in prossimità del proprio limite fisico, quando l’energia comincia a scarseggiare e la fatica muscolare a togliere lucidità, quando nonostante l’impegno non si raggiunge il risultato atteso, allora le PAROLE non possono essere casuali, né quelle che l’allenatore dice all’atleta, né tantomeno quelle che l’atleta (in quello che viene chiamato “dialogo interno”) dice a se stesso.

Uno slogan recita: “sappi cosa dire, le parole verranno”: di fatto il FOCUS comunicativo e’determinante per produrre l’effetto desiderato (ad esempio, la capacità di reagire, di spostare l’attenzione o di gestire un’emozione imprevista); a tal fine l’ALLENATORE dovrebbe essere “orientato” e consapevole dello stato di RICETTIVITA’ dell’atleta, prevedendo le possibili ricadute della comunicazione sul suo stato psicofisico, in relazione al compito specifico e alla sua personalità. Ma sappiamo anche che la PROSPETTIVA dalla quale prende vita la comunicazione VERBALE dell’allenatore, ha le sue radici nel sistema di valori e di convinzioni interiori e deve fare i conti, nel bene e nel male, con le sue esperienze passate.

Un tipo di approccio che definiremo “ESIGENTE, risulta spesso incapsulato in un sistema di CONVINZIONI “limitanti” o fortemente ideologiche, capaci di generare nell’atleta stati di tensione ed ansia anticipatoria; in questi casi l’allenatore rischia di perdere la SINTONIZZAZIONE con l’atleta, “cristallizzando” la relazione fino a renderla sterile, proprio quando vorrebbe riuscire a generare calma, contenimento e disponibilità alla messa in gioco agonistica.

Quando l’attenzione è polarizzata solo su “ciò che ancora manca”, (elemento che caratterizza l’approccio “esigente”), come può l’atleta dispiegare fiduciosamente le proprie risorse del momento?
Rischierà di venir risucchiato in un vortice di ASPETTATIVE “ideali” che cercherà disperatamente di NON DELUDERE.

Affrontare una gara o un allenamento, con l’unico obiettivo di “non deludere”, risulta, nel migliore dei casi, fuorviante e rischia di attivare nell’atleta la paura di perdere la stima e l’attenzione del proprio allenatore in caso di insuccesso.

In questi casi, le possibilità di rielaborazione degli eventi agonistici (soprattutto degli insuccessi) e’ piuttosto bassa e fondamentalmente basata su comunicazioni “ipercritiche”, se non proprio squalificanti, che l’atleta rischierà di interiorizzare sotto forma di dialogo interno “negativo”, come sappiamo tutt’altro che propulsivo.

Non sorprende quindi che l’approccio “esigente” generi ANSIETÀ e un senso generalizzato di allerta , capace di inibire la FLESSIBILITÀ COGNITIVA e STRATEGICA dell’atleta che rischierà di reiterare meccanicamente le stesse modalità di gestione degli eventi, in modo apparentemente “ostinato”, senza più riuscire a dialogare con se stesso e con quello che lo circonda.

Quando invece allenatore e atleta condividono una prospettiva centrata sull’ECCELLENZA (capace cioè di riconoscere e valorizzare reciprocamente “ciò che è stato fatto” attraverso l’impegno congiunto di ognuno), riescono a fronteggiare non solo i successi, ma anche gli insuccessi, poiché orientano sapientemente la propria attenzione alla ricerca di “ciò che ha funzionato”; si “allenano” a farlo anche anche in allenamenti e gare difficili, in cui l’atleta si è confrontato con sfide impreviste, carichi di lavoro intensi o situazioni emozionali bloccanti .

Un allineamento allenatore-atleta sul principio di “eccellenza”, potenzia la perseveranza, nutre la fiducia reciproca, riduce l’ansia e favorisce la sintonizzazione in ogni situazione, promuovendo la disponibilità ad apprendere dall’esperienza in modo costruttivo e creativo .
L’approccio ECCELLENTE favorisce un’attenta analisi dei momenti agonistici salienti, potenzia l’utilizzo di FEEDBACK VERBALI specifici e non giudicanti, genera FIDUCIA interna ed esterna e PROTEGGE dalla caduta motivazionale, proprio perché è capace di riconoscere incondizionatamente l’impegno .

Nell’AGONISMO maturo, Individuare i propri PRINCIPI GUIDA, e’ una pratica di consapevolezza che allenatori e atleti non dovrebbero delegare, a meno che non decidano di concedere ad altri l’irrinunciabile esercizio della propria responsabilità formativa ed umana.

 

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Dott.ssa Monica Vallarin  – m.vallarin@nuoto.com

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